Francesco vive on-line edition

E’ passato più di un mese da quando ci siamo visti costretti a rimandare il Festival in memoria di Francesco Lorusso che si sarebbe dovuto tenere la seconda settimana di marzo.
Visto il perdurare del lockdown e della crisi pandemica che sta colpendo tutti e tutte noi, e quindi l’impossibilità di immaginare nel breve periodo di svolgere il festival nei modi che conosciamo e nel rispetto della salute del prossimo, abbiamo deciso di proporre on line questa tre giorni.
Le iniziative culturali in programma verranno svolte in diretta sulla nostra pagina Facebook Giovedì 23 Aprile, Martedì 28 Aprile e Giovedì 30 Aprile.
Come collettivo universitario abbiamo sempre portato il ricordo di Francesco in ogni iniziativa culturale e di memoria storica, nelle strade e nelle lotte.
Crediamo però vista l’importanza di questo festival e di questo percorso che anche in un momento come questo, nonostante siano cambiate forme e modalità, vada portato avanti, tramite l’utilizzo di nuovi strumenti come le piattaforme streaming.
Non ci stanchiamo di ripetere comunque che sarà nostra priorità tornare a risignificare quelle strade e quelle piazze che hanno ospitato importanti momenti storici e di conflitto.
Venerdi 11 marzo 1977 alle 10 del mattino assemblea di Comunione e Liberazione: circa 400 persone. Cinque compagni di Medicina, presentatisi all’entrata, vengono malmenati e scaraventati fuori dall’aula. La notizia si sparge nell’università e nel frattempo, fuori dall’Istituto di Anatomia, si raggruppa un centinaio di compagni; quelli rimasti dentro, dopo aver cercato di sfondare la porta dell’aula, chiedono l’individuazione dei responsabili dell’aggressione, invitando gli estranei al fatto ad uscire. Vista l’inutilità di questi tentativi, i compagni si ricongiungono agli altri che fuori dall’istituto di Anatomia lanciavano slogans contro CL.
Dopo appena mezz’ora, arrivano polizia e carabinieri con cellulari, gipponi e camion, in numero certamente spropositato. Un primo gruppo di carabinieri si schiera a difesa dell’istituto dove si teneva l’assemblea, mentre un secondo gruppo carica inaspettatamente i compagni che scappano verso Porta Zamboni.
Ritornando verso l’Università, trovano uno sbarramento di PS e
carabinieri che li carica sparando colpi di pistola. Sentendo gli spari, Francesco Lorusso, militante di Lotta continua, si volta e viene colpito trasversalmente. Con l’aiuto di quattro compagni viene portato ad un’autoambulanza. Giunge morto in ospedale. (Da Osservatorio Repressione)
Da quel giorno le strade della Zona Universitaria e di tutta la città
urlano il suo nome, perché episodi come questo non devono essere dimenticati. Ogni anno ricordiamo Francesco con azioni e iniziative per ricordarci che non bisogna mai smettere di lottare per il giusto e il vero.
Ogni anno percorriamo le strade della nostra città per fare sì che la storia di Francesco e di tante e tanti, che come lui hanno dato la vita, non venga dimenticata.
A distanza di 43 anni da quell’11 marzo, sentiamo ancora il dovere di dedicare tre giorni di iniziative in memoria di Francesco.
Da compagne e compagni sentiamo la necessità di riprenderci tempi e spazi per parlare della nostra storia, che è una storia collettiva, patrimonio delle lotte di ieri e di oggi.
Francesco è vivo e lotta insieme a noi!
Programma:
Giovedì 23 Aprile
“L’uso della memoria nella storiografia dei movimenti sociali” dibattito con Alessio Gagliardi, professore Unibo
h.18.00
Martedì 28 Aprile
“Letteratura Working Class: che cos’è e perché è ancora fondamentale?” dibattito con lo scrittore Alberto Prunetti a partire dai libri “108 Metri” e “Amianto”
h.18.00
Giovedì 30 Aprile
“La memoria storica e il suo utilizzo” dibattito con Elia Rosati, co-autore del libro “Dopo le bombe. Piazza Fontana e l’uso pubblico della storia” e docente a contratto presso l’Università Statale di Milano
h18.00
Tutte le iniziative saranno live in streaming sulla nostra pagina facebook

Un saluto per Luis Sepulveda

Luis Sepulveda aveva 70 anni e ci ha lasciati oggi, dopo che per circa un mese e mezzo era ricoverato in un ospedale a causa del covid-19.

Difficile poter descrivere con poche parole tutto quello che era questo grande scrittore: narratore, poeta, militante coraggioso. Un guerriero ostinato che ci ha portati con sè ogni volta che aprivamo un suo libro, nei luoghi più disparati di questo strano mondo, conoscendo storie e accendendo a poco a poco il fuoco che tiene viva la nostra forza e voglia di cambiamento.

Il podcast qui pubblicato è un nostro umile saluto all’uomo che tanto ha amato il suo deserto, quello al confine tra il Cile al Perù, a tal punto da scriverci una raccolta intera di racconti che ci aiutano a visualizzare quella linea sottile che separa gli eroi della storia da quelli misconosciuti e quotidiani: seguendo questa linea possiamo raggiungere quest’ultimi nell’universo infuocato del deserto di Atacama, dove minuscoli fiori rossi spuntano dalla sabbia una volta l’anno per appassire dopo poche ore, per ricordarci che la vita non è altro che un’occasione per far fiorire la resistenza.

“L’ultima rivoluzione rimasta in sospeso è quella dell’immaginario: dobbiamo essere capaci di immaginare in quale mondo e società vogliamo vivere, e se vogliamo essere cittadini o consumatori. La felicità è un diritto umano”

Università e crisi pandemica

In questo momento in cui la crisi sistemica dettata dall’avvenire della pandemia ha sconquassato ogni livello del conoscente e del mondo reale, anche l’università è sottoposta ad una forte ristrutturazione. Le motivazioni, partendo dalle più evidenti e quasi banali, derivano dall’impossibilità di condurre l’attività didattica secondo i noti canoni. Per via del distanziamento sociale, anche l’università ha adottato nuove modalità.

Chiunque frequenti l’Unibo avrà sicuramente ricevuto più mail firmate da Ubertini in cui con toni gaudenti il rettore non fa che vantarsi dei risultai ottenuti. Stiamo affrontando dall’inizio della quarantena da covid tutti i disagi derivanti dalla rimodulazione della didattica e dall’impostazione a distanza: lezioni ed esami online su piattaforme come microsoft teams, lauree discusse con le medesime modalità o addirittura per telefono, slittamenti delle sessioni di laurea perchè impossibilitati a concludere il percorso formativo, tirocini saltati. E tutto ciò non viene citato nemmeno una volta nelle tante mail che la governance universitaria manda al corpo studentesco. Mai un accenno a ciò che una studentessa o studente sta vivendo sulla propria pelle. E non ci meravigliamo che questo non succeda, all’amministrazione universitaria la reale condizione di precarietà di chi frequenta l’università non è mai interessata e mai è stata una loro priorità. L’unica briciola che hanno pensato di concederci è stato di ritardare il pagamento della rata universitaria di un mese, anziché pagarlo nel mese corrente.

Quello che sfugge e che non è rilevante per chi crede di gestire in maniera eccelsa l’università in questi tempi di pandemia è che chi subisce la condizione di disagio e di precarietà sono le stesse persone che stanno sostenendo esami tramite piattaforme online, studentesse e studenti che hanno discusso la propria laurea dalla propria stanza in affitto o tramite il wi-fi di uno studentato, luoghi in cui la paranoia corona virus e gestione di esso ha generato un contraddittorio talmente assurdo che ha scatenato il panico in tanti spazi gestiti da er.Go nella nostra città. (qui la querelle tra studentato, er.Go e testimonianze a riguardo http://cuabologna.it/2020/03/12/testimonianze-audio-iorestoacasa-ma-er-go-ci-caccia/?fbclid=IwAR3H3qEYuFxk6yuUjrvLFPG76Pzdqj3Vuby0Xr9NpzbUU4MC3Su_EKWpQuU ). Siamo gli stessi che prima avevano difficoltà ad arrivare a fine mese, che ci mantenevamo con lavori in nero, il più delle volte precari, magari facendo part-time in un ristorante, consegnando pizze come rider, lavori che a fatica prima riuscivano a darci un sostegno economico per una vita dignitosa e che ora, con le misure di restrizioni dovute alla quarantena, sono venuti a mancare all’improvviso, lasciandoci senza alcuna certezza per il nostro futuro.

Non siamo stupiti che l’università non spenda nemmeno una parola circa l’enorme frustrazione che una studentessa o uno studente debba provare in questo periodo, in cui il proprio percorso viene rallentato o addirittura interrotto perchè mancano i soldi e i mezzi per poterlo portare avanti. Siamo stanche e stanchi di non essere ascoltati e di fare comodo all’opinione pubblica solo quando forniamo la notizia scandalo di un sabato sera, quando tanti ragazzi come noi, spaventati dal rimanere allontanati dalla propria famiglia per chissà quanto tempo, hanno deciso di prendere un treno per non aggravare la propria situazione di precarietà, garantendosi almeno un sostentamento dignitoso. Siamo stufi della retorica patinata con cui le istituzioni si riempiono la bocca, garantendo chissà quale miglioramento per la condizione di chi sta affrontando questo periodo di difficoltà.

La verità è che la pandemia non è altro che il vaso di pandora che ha scoperchiato e messo ancora più in luce le disuguaglianze sociali esistenti nel nostro paese.

Come studentesse e studenti denunciamo le svendimento dell’università pubblica tramite riforme della istruzione volte alla privatizzazione degli spazi universitari e della ricerca accademica, dove la governance anziché impegnarsi a sostenere chi sta pagando gli effetti della crisi mantiene accordi e lauree magistrali in collaborazione con l’Eni, fra i principali investitori in Egitto il cui governo è reo di aver arrestato e torturato Patrick Zaky, uno studente della nostra città dal 7 febbraio detenuto ingiustamente in un carcere egiziano, accusato di aver espresso delle posizioni politicamente scomode al regime.

Non vogliamo accontentarci delle vostre briciole e mai ci accontenteremo.

Per contrastare la crisi che stiamo subendo e che non si riassorbirà con l’interrompersi della quarantena ma, anzi, acuirà le sue conseguenze su quelle fette di popolazione senza garanzie né sicurezze economiche, crediamo sia necessario guardare ai nostri reali bisogni ed esigenze, andando ad inchiestare le diverse condizioni di precarietà e disagio per poterci organizzare tutte e tutti insieme e provare a bucare la gabbia della distanza sociale e dell’isolamento.

E lo faremo al fianco di tutte le precarie e i precari, studenti e studentesse che credono fermamente che un cambiamento sociale è, oltre che prevedibile, fortemente necessario perché, come dice uno slogan del movimento cileno in rivolta, “no volveremos a la normalidad porque la normalidad era el problema” (non torneremo alla normalità perché la normalità era il problema).