I tribuni della plebe di Flavio Ferri

FLAVIO FERRI – Bresciano, classe 1991, laureato in storia contemporanea

In questa tesi di storia antica Flavio Ferri indaga il ruolo storico, avuto all’interno delle istituzioni romane, del tribunato della plebe, una magistratura che ebbe un ruolo centrale nella lotta per i diritti civili e politici della plebe di cui tuttavia si conoscono meglio le escalation politiche provocate piuttosto che il suo funzionamento.

L’indagine degli elementi fondativi del tribunato è imprescindibile per capire meglio il graduale riconoscimento del ruolo di potere della plebe all’interno dell’istituzione repubblicana ed essa è una testimonianza importante del fatto che le lotte sociale non sono un fenomeno riconducibile all’età contemporanea.

I tribuni furono importanti elementi di intermediazione tra il patriziato e gli esclusi dall’esercizio del potere che impedirono in più occasioni che le richieste delle plebe sfociassero in aperta ribellione, tuttavia la loro creazione rimane la prova principe dell’esistenza di una forte tensione sociale all’interno della Repubblica romana. Grazie allo studio di questa figura possiamo vedere come l’ingresso della plebe all’interno delle istituzioni portò ad un forte rinnovamento della repubblica dandogli quella dinamicità che portò Roma all’espansione che tutti conosciamo.

Siamo senza dubbio di fronte ad una tesi importante che va a colmare in parte un ambito ancora lacunoso dal punto di vista della ricerca storica di non facile ricerca e riesce a farlo con una scrittura scorrevole di facile accesso anche ai non addetti ai lavori.

Qui le parole dell’autore:

“La scelta di un tale argomento storico che pare lontano non è stata dettata semplicemente dal fascino verso un determinato periodo storico. Una delle motivazioni forti è per indagare sulla storia del conflitto sociale in un periodo storico dove la conflittualità è sempre più relegata a semplice “concertazione” o comunque vista come un problema storico e non certo analizzata come risorsa e motore della storia stessa.

Da qui la necessità di riscoprire la storia anche nelle sue pieghe passate come nel caso del conflitto fra patrizi e plebei e nello specifico il tribunato della plebe e la sua origine. Lo studio della storia del conflitto nella società umana è fondamentale per ragionare su di esso e per capire come dare la giusta “spinta” allo Storia in modo da portare una giusta critica di classe.”

Collana: Unaltrastoria
Pagine: 104
Formato: 13×20 brossurato con bandelle
Isbn: 9788867182435

Prezzo: 10 euro

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Bari, roccaforte dei rivoltosi di Fabio Salandra

FABIO SALANDRA: Nato a Modugno, in provincia di Bari, nel 1988, è laureato in scienze storiche.

La tesi di Fabio Salandra ci porta direttamente nell’estate del 1922 a Bari, città di sua provenienza, dove il proletariato insorgeva insieme agli Arditi del Popolo per difendere la propria città contro l’insorgere del fascismo liberticida. Fu un’insorgenza spontanea e spesso in contrasto con le dirigenze dei vari sindacati e organizzazioni popolari anche per la scelta di resistere in maniera armata.

Salandra indaga i meccanismi che resero possibile la nascita dell’arditismo popolare guardando al contesto politico e sociale successivo alla prima guerra mondiale quando le masse diventarono protagoniste della vita politica del paese che portarono all’attuazione di misure controrivoluzionarie da parte della borghesia impaurita dalle tendenze rivoluzionarie delle organizzazioni del proletariato.

Lo studio su tali organizzazioni come gli Arditi del Popolo, importanti per comprendere alcuni errori che portarono all’ascesa del fascismo e di come lo Stato si fosse già schierato a difesa di quest’ultimo, erano fino a pochi anni fa scarsamente incoraggiati in quanto l’antifascismo che si preferiva ricordare era quello dei “martiri” come i fratelli Rosselli o Giovanni Amendola più facili da essere rivendicati da parte dei partiti di governo del dopoguerra.

A differenza di quanto avvenuto a Parma con i fatti dell’Oltretorrente nel capoluogo pugliese i fatti del 1922 non vennero mai ufficializzate in maniera istituzionale o militante almeno fino all’anniversario del 2012, diventa quindi importante in questi anni di revisionismo storico ricordare tali avvenimenti che, anche per il fatto di essere stati osteggiati dalla memoria “mainstream”, sono ancor di più le fondamenta della nostra coscienza collettiva e armi preziose nel nostro bagaglio culturale.

Collana: Unaltrastoria
Pagine: 176
Formato: 13×20 brossurato con bandelle
Isbn: 9788867181933
Prezzo: 15 euro

Prezzo: 15.00 EURO

Indiani Metropolitani di Andreas Iacarella

ANDREAS IACARELLA: Romano, classe 1993, è laureato in storia contemporanea.

“Abbiamo dissotterrato l’ascia di guerra”
“Godere operaio”
“Godimento studentesco”
Quando si pensa al movimento del ’77 non può che palesarsi l’iconica immagine del manifestante accucciato, in mezzo alla strada, con una pistola in mano. Lo scontro, l’asprezza del conflitto, le rivolte e i cortei studenteschi, gli scioperi nelle fabbriche, il movimento femminista. Tuttavia ci furono dei protagonisti, ironici e beffardi, che si inserirono con la forza dissacrante dell’arte di quel tempo: gli indiani metropolitani. Andreas Iacarella, in quello che è un ibrido e una contaminazione tra un romanzo storico ed un saggio, parte da una sua esigenza, ossia approfondire e narrare, oltre il punto di vista di chi quegli anni li ha vissuti, una realtà così sfuggente ed enigmatica come il sostrato culturale e politico degli anni ’70. Non possono non colpire le abili ricostruzioni di quello che è stato un unicum in quanto a innovazione e avanguardia artistica: la ricerca, che ovviamente parte da dati storiografici precisi, guarda all’eredità politica del movimento artistico per concentrarsi sull’esplosività che, purtroppo, è durata il tempo di una fiammata, incredibilmente potente, per poi ritirarsi.
Quanto uno slogan come VIETATO VIETARE può spiegare le gesta e le prospettive degli indiani metropolitani? E quanto un disegno di urgenze, una differenza sostanziale come quella tra esigenze e bisogni, trova spazio nel tempo e nel ritmo di un esperimento tanto esplosivo quanto inconciliabile con il mondo esterno ad esso? Le riflessioni di Iacarella ristabiliscono delle linee e delle interferenze tra il militante politico e l’avanguardia artistica di quel tempo, riconducendo alla stessa matrice dell’individualismo l’agire che ha dissipato le certezze e i percorsi di entrambi. Le parole conclusive dell’autore ci aiutano a comprendere la fugace e intensa “storia d’amore” qui descritta e analizzata e a volere, a nostra volta, conoscerla.
«Ecco il senso di questo mio lavoro: riconoscere, in quel marasma di movimenti, l’intenzione almeno di un amore. E il suo fallimento, e le ragioni di questo. Capire in profondità per fuggire da ogni visione corrotta da rabbia e pregiudizio, che finisce per generare una lettura dicotomica del tutto inutile a qualsiasi ricerca onesta. In questo modo si può guadagnare una posizione di sufficiente distanza, di separazione. Questa ci dovrebbe aiutare ad arrivare anche alla consapevolezza che non tutte le storie d’amore sono uguali. Che alcune riescono, con l’amore di una contadina, che “scopa con tutti, non trova mai il rifiuto interno, non sente repulsione di fronte alla materia. Le cose e i fatti sono la sua realtà, il movimento e la vita l’attrae, e si lascia istintivamente andare ingenua e suicida com’è”. Da queste allora occorrerebbe partire. Ecco il mio tentativo. Lasciare da parte Deleuze e Heller, “Bifo” e Negri. Prendere il valido come misura, come strumento di indagine».

Collana: Unaltrastoria
Pagine: 256 illustrato con foto in b/n
Formato: 13×20 brossurato con bandelle
Isbn: 978-88-6718-195-7

Prezzo: 20.00 EURO

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