FABIO VERNA Classe 1996, nativo di Atessa (Chieti), si divide tra l’Abruzzo e Bologna e, in modo particolare, tra il centro sociale Zona 22 e la palestra popolare “Johann Rukelie Trollmann” di San Vito Chietino e la palestra popolare del TPO nella città delle Torri, dove si è trasferito per motivi di studio.
La tesi di cui parleremo ora, riguarda la storia passata: uno dei ragionamenti più importanti alla base del progetto del premio di laurea Francesco Lorusso è proprio quello che riguarda la memoria storica. Pensiamo sia fondamentale per le lotte di oggi e di domani avere sempre uno sguardo anche alle lotte di ieri, pensiamo sia importantissimo uscire dai canoni ormai stereotipati della storia narrata dai libri del liceo per parlare di un’altra storia, la nostra storia, la storia delle lotte e della nostra classe, riappropriandoci anche di tutti quei pezzi di storia che non sono utili alla riproduzione di questo sistema. Una cosa molto interessante che riguarda la tesi di cui andremo a parlare è che abbandona la visione eurocentrica, privilegiata in tutti i nostri percorsi di studi, in particolare alla scuola dell’obbligo, andando a parlare di un paese come l’Africa, con una storia lunga, fitta e complessa che però viene spessissimo accantonata dai manuali e relegata a poche pagine, meramente compilative. Questa tesi approfondisce il ruolo storico che ha avuto Thomas Sankara all’interno della storia politica e sociale del Burkina Faso: nei pochi anni prima di essere assassinato portò una rivoluzione reale, tangibile e molto forte in quello stato, stato vessato da una profonda difficoltà dovuta ad una “decolonizzazione” di facciata, alla corruzione di tutto l’apparato istituzionale, alla tremenda povertà conseguenza di problemi politici e climatici. Ho trovato particolarmente interessante questa tesi anche per la possibilità che dà di guardare alla storia anche come strumento per la lettura del presente e del futuro: in questa tesi sono affrontati argomenti incredibilmente attuali. Durante quest’anno e lo scorso, ci siamo trovati ad incontrare in Università, ma poi anche sul piano cittadino, nazionale, mondiale, alcune tematiche che Thomas Sankara aveva reso cardini nel suo fare politica: la questione di genere e la questione ambientale. Nelle nostre vite ai tempi del Coronavirus è evidente quanto sia stringente la necessità di continuare a parlare il linguaggio dell’ecologia politica e del femminismo, dal momento che tutte quelle contraddizioni sistemiche che affrontiamo nella vita “normale”, nell’emergenzialità di questo momento non possono che emergere con una forza dirompente davanti alla quale è difficile volgere lo sguardo altrove. Tutto quello che ci sta succedendo intorno e dentro forse ci mostra quanto profondamente siano radicati dei problemi che nella nostra società sono già di per sé uno “stato di emergenza”, prima, durante, dopo la pandemia: il ricatto tra salute e lavoro che vessa lavoratori e lavoratrici non solo nel resto del globo ma anche qua in Italia (esempio semplice, l’Ilva di Taranto), la violenza di genere (ancora di più nel momento dell’#iorestoacasa) che significa, per molte donne, rischiare ogni giorno la propria vita, la crisi ambientale prodotta da sfruttamento, estrattivismo e messa a valore spietata di corpi e territori. In questo momento di crisi nella crisi, ha un forte valore soffermarsi sui piccoli grandi atti rivoluzionari che appartengono alla nostra storia, come la rivoluzione “del popolo e per il popolo” di Thomas Sankara, stroncata poco dopo il suo inizio perché capace di andare ad intaccare realmente e profondamente meccanismi capitalistici e patriarcali che naturalmente si opponevano agli interessi del sistema che ancora oggi è quello all’interno del quale viviamo. Sankara si batté al fianco dei contadini e
per loro (che costituivano l’88% della popolazione) attraverso numerose riforme che riguardavano il consumo e la raccolta dell’acqua (in un paese per buona parte desertico), la creazione di cooperative agricole, l’impulso forte verso attività che portassero a ridurre al minimo le importazioni e che permettessero al Burkina Faso una vera autonomia nella sussistenza. Fondamentale iniziativa di Sankara fu quella che riguardava l’ambiente, la sua salvaguardia e la necessità di fermare quello sfruttamento delle risorse naturali incontrollato, che porta inevitabilmente all’esaurirsi di queste: egli arriva, in un discorso pubblico, a definirsi portavoce di “un popolo che rifiuta di guardarsi morire per aver assistito passivamente alla morte del proprio ambiente”. La critica di Sankara riguarda quello sfruttamento totalmente incontrollato in epoca coloniale di terre che sono state poi lasciate a sé stesse, morenti, abbandonate dopo che ne era stato tratto tutto il profitto possibile: per quanto lui parlasse del Burkina Faso negli anni ’80, è inevitabile trovare le sue parole ancora cariche di significato nel 2020 in tutt’altra parte del mondo. La tesi “Le idee non si possono uccidere” disegna una panoramica esauriente e molto stimolante dell’agire politico di un uomo coraggioso, umile, generoso, che si pose come portavoce dell’istanza di milioni di persone contro i gruppi di potere più influenti, contro coloro che agivano lo sfruttamento, contro i proprietari terrieri o i sindacati, contro gli stati occidentali che per il proprio arricchimento sfruttavano la dipendenza economica del Burkina Faso finendo per schiacciare questo stato (e molti altri dell’Africa e non solo) sotto i suoi pesanti interessi capitalistici. Concludo questa recensione con lo stesso brano scelto dall’autore di questa tesi, tratto dal discorso di Sankara all’ONU nel 1984: “(…) Mi faccio portavoce di tutti coloro che invano cercano un’arena della quale essere ascoltati. Sì vorrei parlare in nome di tutti gli “abbandonati del mondo”, perché sono un uomo e niente di quello che è umano mi è estraneo. La nostra rivoluzione in Burkina Faso abbraccia le sfortune di tutti i popoli; vuole ispirarsi alla totalità delle esperienze umane dall’inizio del mondo. Vogliamo essere gli eredi di tutte le rivoluzioni del mondo e di tutte le lotte di liberazione dei popoli del Terzo mondo (…)”
Collana: Unaltrastoria
Pagine: 94
Formato: 13×20 brossurato con bandelle
Isbn: 9788867182312